Z-Wave è un protocollo wireless progettato appositamente per l’Home Automation, o per la Domotica per usare il termine italiano. Scelto e adottato da società leader nei propri settori, che vanno dalla Domotica alla Telesorveglianza e alla Telemedicina. Viene utilizzato anche per l’intrattenimento domestico, il controllo accessi, sistemi di efficientamento e risparmio energetico. L’ambito di utilizzo di Z-Wave comprende l’automazione negli ambienti residenziali, commerciali, ricettivi e assistenziali.
Introduzione
Il protocollo Z-Wave venne inizialmente sviluppato nel 2001 dalla startup danese Zen-Sys, poi acquisita nel 2008 dall’azienda americana Sigma Designs. Con il tempo è anche diventato uno standard internazionale per la realizzazione di reti mesh interoperabili e a bassa potenza. Compatto ed evoluto, il protocollo, consente la comunicazione bidirezionale tra i dispositivi abilitati, permettendo a servizi e prodotti di costruttori diversi di funzionare assieme in modo trasparente.
Z-Wave utilizza un flusso di dati ridotto per scelta progettuale. Questa scelta permette una comunicazione a bassa latenza con una velocità di trasmissione dei dati fino a 100 kbps. Altri sistemi di home-automation wireless sono invece basati sull’utilizzo del Wi-Fi o su altri protocolli progettati per applicazioni general purpose, e successivamente adattati per essere usati con la domotica. I vari adattamenti sono stati fatti in modo differente dai diversi produttori rendendo la compatibilità tra marche diverse impossibile o perlomeno problematica. Invece Z-Wave fa dell’interoperabilità dei prodotti di diversi costruttori uno dei suoi cavalli di battaglia. Un rigoroso processo di certificazione, fa sì che i dispositivi certificati dialoghino tra loro in modo più affidabile e sicuro di quanto non accada anche nel caso di altri sistemi di domotica che condividono uno standard.
L’ecosistema Z-Wave annovera infatti più di tremila prodotti, che permettono anche ai fornitori di servizi di supportare i propri clienti con una gamma integrata di prodotti. Z-Wave è utilizzato da 9 delle prime 10 compagnie di monitoraggio e sicurezza domestica degli Stati Uniti e nel mondo sono già stati venduti 25 milioni di prodotti che utilizzano questa tecnologia.
Opera attorno ai 900 MHz e l’utilizzo di tale banda di frequenze permette di evitare le interferenze con sistemi Wi-Fi, Bluetooth e altri sistemi che operano nella abusata banda dei 2.4 GHz. Inoltre fa sì che il segnale Z-Wave attraversi le pareti degli edifici con maggiore facilità rispetto al segnale Wi-Fi, assicurando una trasmissione dei messaggi più efficiente ed affidabile.
Specifiche Radio
In tutta Europa le unità Z-Wave possono operare alla stessa frequenza di 868.4 MHz. Tale frequenca è all’interno della banda non licenziata SRD860 [1] che prevede una trasmissione con un duty cycle del 1% e una potenza irradiata efficace (ERP) massima di 25mW. I dispositivi Z-Wave devono rispettare dei limiti ancora più stringenti di quelli normativi. Infatti, possono emettere al massimo 1mW di potenza con duty cycle massimo del 1%, evitando così problemi di inquinamento elettromagnetico. Nel resto del mondo le frequenze impiegate[2] sono leggermente diverse anche se sempre attorno ai 900 MHz.
I livelli MAC e fisico del protocollo, sono stati adottati dall’ITU e costituiscono in larga parte lo standard T G.9959[3],[4] la cui evoluzione è affidata a, un’organizzazione composta da più di 250 membri denominata Z-Wave Alliance: tale adozione permetterà un ulteriore accelerazione nella diffusione dello standard.
Descrizione di una rete Z-Wave
I nodi di una rete Z-Wave si possono dividere innanzi tutto in due macro categorie: nodi controllori e nodi slave.
- I nodi controllori sono quelli che hanno la capacità di ospitare una tabella di indirizzamento dell’intera rete e calcolare i percorsi sulla base di essa. Hanno la capacità di trasmettere i percorsi ai dispositivi slave in modo da abilitarli alla trasmissione dei segnali instradati.
- I nodi slave sono invece quelli che non sono in grado di stabilire i percorsi e generalmente funzionano come unità di ingresso e uscita nelle applicazioni Z-Wave. Alcuni esempi sono i dispositivi che controllano l’accensione, lo spegnimento o infine regolano l’intensità delle luci, i dispositivi che rilevano la temperatura interna ed esterna, che comandano motori che determinano il movimento di tapparelle o tende, misurano l’energia elettrica consumata o prodotta, comandano l’irrigazione del giardino, etc.
Per poter creare una rete Z-Wave almeno uno dei suoi nodi dev’essere un controllore. Una singola rete Z-Wave può estendersi fino a 232 nodi.
Ciascuna rete Z-Wave è identificata da un Network ID (chiamato anche Home ID) che ha una lunghezza di 32 bit e che identifica tutti i nodi appartenenti alla stessa rete: infatti nodi con diversi Network ID non possono comunicare tra loro. Ciascun dispositivo all’interno di ciascuna rete è identificato da un Node ID che ha una lunghezza di 8 bit, rappresenta l’indirizzo del nodo all’interno della rete e viene assegnato a ciascun dispositivo dal controllore durante il cosiddetto processo di inclusione.
Il controllore usato per includere il primo nodo è designato automaticamente come Controllore Primario con il compito di includere ed escludere tutti i successivi nodi dalla rete. Il controllore primario impone il proprio Home ID a tutti i nodi della rete e assegna a ciascuno di loro un Node ID univoco. Essere un Controllore Primario è solo un ruolo, infatti qualunque controllore può essere il Primario, ma ovviamente possono esserlo solo uno alla volta. Ulteriori controllori possono essere aggiunti alla rete man mano che cresce e questi saranno Controllori Secondari. In un normale appartamento è di norma sufficiente un unico controllore mentre l’utilizzo di controllori secondari può essere utile in caso di installazioni più complesse e articolate.
In generale i controllori permettono di eseguire le configurazioni della rete: inclusioni ed esclusioni, configurare le associazioni, definizione della tabella di instradamento dei nodi (Routing Table) (vedi Topologia e instradamento)
I controllori possono avere diverse implementazioni: chiavetta USB, telecomando, software multipiattaforma (Windows, Linux, MAC OS, etc.), router, e infine dispositivi IP dedicati.
Un impianto domotico Z-Wave è una soluzione modulare. In qualunque momento è possibile espandere le funzionalità del sistema aggiungendo nuovi nodi, sia controllori che slave. Si può partire creando un sistema per gestire le luci e in seguito espandere le funzionalità dell’impianto controllando le tapparelle, e infine aggiungere le funzionalità per il risparmio e l’efficientamento energetico. Analogamente, si può iniziare con un impianto domotico che si estende solo sul piano terra di un’abitazione per poi espanderlo ai piani superiori tramite l’aggiunta, raccomandata in tale caso, di nuovi controllori.
Configurazione di una rete Z-Wave
Per aggiungere o rimuovere un dispositivo da una rete Z-Wave bisogna eseguire delle specifiche procedure chiamate Inclusione ed Esclusione. Entrambe le procedure vengono iniziate con delle opportune azioni, definite dai rispettivi produttori, da compiere sia sul nodo da includere (o escludere) che sul controllore. Per gli slave queste azioni possono variare da una sequenza di click su un pulsante fisico a una combinazione di click su più pulsanti del dispositivo stesso, mentre per i controllori tipicamente l’azione da fare consiste nella scelta di un opportuno comando sull’interfaccia web con cui si accede al controllore.
La procedura di inclusione/esclusione è iniziata dal controllore e per proseguire ha bisogno che il dispositivo che dovrà essere rimosso o aggiunto alle rete entri nello stato di denominato “learning mode” durante il quale il dispositivo slave trasmette in broadcast (quindi a tutta la rete) le sue informazioni di nodo (Home ID e Node ID) che per un dispositivo non ancora incluso sono rispettivamente un numero casuale e zero.
Durante la procedura di inclusione Il controllore risponderà inviando l’Home ID e il Node ID al dispositivo slave, che essendo appunto in learning mode, accetterà tali valori usandoli per aggiornare le proprie informazioni di nodo. La procedura di inclusione deve essere eseguita solo una volta, dopodiché il dispositivo risulta sempre riconosciuto dal controllore e deve essere ovviamente ripetuta per ciascun dispositivo che si desidera includere nella rete.
Durante la procedura di esclusione, una volta che il controllore ha identificato il dispositivo da escludere tramite la ricezione dei messaggi “broadcast” del dispositivo che è stato messo in learning mode, procede alla rimozione di tutte le informazioni relative al dispositivo. Il dispositivo dal canto suo azzera tutte le sue informazioni di rete, configurazioni e personalizzazioni e imposta il suo Node ID a zero ed il Network id ad un numero casuale, pronto per essere nuovamente incluso in una rete.
I dispositivi di una rete Z-Wave possono supportare la Network Wide Inclusion che offre la possibilità di includere un dispositivo in una rete anche se questo non è in connessione diretta con il controllore. È inoltre possibile che un dispositivo non inizializzato vada automaticamente in Network Wide Inclusion appena lo si alimenta senza bisogno di nessuna azione da parte dell’utente.
Topologia e instradamento
Z-Wave utilizza una topologia di rete mesh (a maglia) di tipo source-routed, in cui il percorso dei dati è definito dal nodo sorgente.
Come definito in precedenza, i controllori hanno la capacità di ospitare una tabella di indirizzamento calcolata sulla base della rete. I nodi slave sono dispositivi che invece non contengono una tabella di instradamento. Fanno eccezione i cosiddetti nodi Routing Slave e i nodi Enhanced Routing Slave che possono contenere un certo numero di percorsi preconfigurati, che vengono assegnati loro dal controllore. Dunque i nodi controllori e i nodi (Enhanced) Routing Slave possono iniziare una comunicazione.
L’affidabilità di una rete Z-Wave deriva dal fatto che la trasmissione di un messaggio da un nodo all’altro può avvenire con una comunicazione radio diretta oppure in maniera indiretta appoggiandosi alla capacità dei nodi di funzionare da ripetitori; i nodi sono in grado di ritrasmettere i messaggi in modo da garantire la connettività creando una rete mesh con più percorsi possibili. In tal modo una rete Z-Wave può anche avere una estensione molto maggiore della portata radio di una singola unità. Infatti i dispositivi sono in grado comunicare gli uni con gli altri usando i nodi intermedi per aggirare eventuali ostacoli o raggiungere quei nodi della rete Z-Wave fuori portata diretta.
In una normale abitazione la presenza di grandi oggetti metallici come frigoriferi, cartongessi “armati”, telai delle porte a scomparsa, possono fare da barriera alle comunicazioni fra i dispositivi. Con una rete Z-Wave, tali problemi sono automaticamente aggirati, grazie appunto alla capacità della rete stessa di propagare il segnale per triangolazioni nel caso in cui la comunicazione diretta sia impossibile.
Dunque, quando non è disponibile un percorso diretto, il dispositivo sorgente tenterà altri percorsi sfruttando gli altri nodi rete finché non riesce a trasmettere il comando al dispositivo destinatario. I dispositivi Routing slave, sono in grado di memorizzare i “nuovi percorsi imparati” ed utilizzarli automaticamente come prima scelta per le comunicazioni successive.
Tramite Z-Wave risulta possibile coprire qualunque distanza all’interno di un normale ambiente residenziale. Se il percorso dal nodo sorgente al nodo destinatario impone molti salti, potrebbe manifestarsi un leggero ritardo tra il comando e il risultato atteso.
I dispositivi a batterie, che per gran parte del tempo si trovano in sleep mode proprio per garantire una maggiore durata delle batterie, non possono funzionare da ripetitori. Fanno eccezione i cosiddetti FLiRS (Frequently Listening Routing Slave) che sono dispositivi alimentati a batterie, e che come tali sono a riposo per la maggior parte del tempo, ma che sono anche in grado di essere risvegliati da uno speciale segnale Z-Wave denominato “wakeup beam” e di restare svegli per il tempo strettamente necessario ad agire da ripetitore.
Associazioni
Quando due nodi sono inclusi nella stessa rete è anche possibile associarli tra loro.
La dicitura “A è associato a B” significa che A è sotto il controllo di B. Ad esempio: A potrebbe essere una presa e B potrebbe essere un telecomando, oppure A potrebbe essere un dispositivo che comanda una lampada e B un sensore di luminosità che la fa accendere automaticamente.
Le Associazioni sono state introdotte per permettere ai nodi che possono iniziare una comunicazione, di controllare un altro nodo della rete senza necessità dell’intervento di un controllore. In questo senso semplificano l’interazione tra due nodi e riducono il tempo fra l’invio del comando e l’intervento del dispositivo controllato.
Ogni dispositivo può avere uno o più gruppi di associazione logicamente distinti fra loro. Ad es. il WiDom Universal Relay Switch supporta ben 5 gruppi di associazione:
- Gruppo 1: dispositivi che saranno notificati dei suoi cambi di stato
- Gruppo 2: dispositivi che saranno controllati nel caso di singolo click sullo switch esterno
- Gruppo 3: dispositivi che saranno controllati nel caso di doppio click sullo switch esterno
- Gruppo 4: dispositivi che saranno controllati nel caso di triplo click sullo switch esterno
- Gruppo 5: dispositivi che saranno controllati nel caso di pressione prolungata sullo switch esterno
Uno stesso nodo può essere associato su gruppi diversi dello stesso dispositivo ed è infine possibile associare lo stesso dispositivo a più nodi.
Le associazioni rendono la rete più veloce e più robusta perché una volta configurate tramite il controllore, non richiedono più il controllore stesso per funzionare: il controllore potrebbe essere anche spento e tutto funzionerebbe ugualmente.
É possibile consultare i seguenti esempi pratici che illustrano come utilizzare le associazioni in modo semplice ed efficace:
[1] http://en.wikipedia.org/wiki/Short_Range_Devices
[2] http://z-wave.sigmadesigns.com/docs/Z-Wave_Frequency_Coverage.pdf
[3] http://www.itu.int/rec/T-REC-G.9959-201202-I/en
[4] http://www.eeherald.com/section/newss/nwss201201173.html
Il testo di questa pagina è distribuito sotto licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 3.0 Unported